donne in attesa di partire

La normalità della vita

Nell’aprile 2013 sono andata a Lampedusa per vedere da vicino quale fosse la vita dei migranti sull’isola.

Più che come giornalista ho fatto questo viaggio da sola come sociologa e prima di tutto come essere umano, cercando di liberarmi dai pregiudizi e mettermi in ascolto oltre i toni urlati dei giornali, cercando una dimensione quotidiana, per cercare al di là della morte, la vita dei sopravvissuti. Abitata a vedere dalla tv le immagini di persone detenute senza aver commesso reati, mi stupii del fatto che i migranti a Lampedusa rientrassero nel Centro solo per dormire. La loro giornata era serena benché tenuta a debita distanza dai locali e dai turisti, supervisionata dalla polizia che limitava ad esempio la libertà dei ragazzi di godersi la spiaggia. Nei dieci giorni di permanenza sull’isola ho incontrato tanti giovanissimi che mi hanno raccontato la loro storia e i loro sogni.

Oggi rivedere quelle foto che raccontano la quiete dopo la tempesta di ragazzi che semplicemente vogliono riprendere a vivere, in un momento in cui l’esasperazione politica e mediatica racconta la vita dei migranti come una concessione definita dall’alto, mi sembra particolarmente significativo.

giovani partono per la terra ferma

LAMPEDUSA

Prima di tutto è il sorriso bianco sui volti scuri. Poi la terra: tabula rasa di alberi, priva di rifugi, anche in primavera. Sotto il sole che taglia di netto le ombre, il bianco è bianco e il nero è nero. Lei sta in mezzo e non mente. Non più Africa e non ancora Europa, già arrivo e già partenza. Lampedusa è terra di passaggio tra sogno e realtà per gli abitanti di un giorno, di un mese, di una vita.

La sua indole è africana, lo capisci dall’ondeggiare nei fianchi delle donne, dai volti di reminescenza araba, dalla quiete dei vecchi che giocano a carte nella controra. Nel profilo delle colline scoscese, tra i fichi d’india e i muretti a secco, cogli un frammento di Granada; tra le case affacciate sul molo, intravedi uno spicchio di Marocco; girovagando tra le “quadras” ti rapisce lo spaesamento misterico delle città messicane.

Lampedusa, è venuta al mondo occidentale attraverso il capestro del capitalismo: «Nel 1986, con le bombe di Gheddafi l’isola ha avuto la sua pubblicità. Prima era bellissima, senza strade, senza odio. Quando non c’era turismo e non c’erano i soldi c’era più rispetto. Ma abbiamo capito tutto troppo presto», racconta Mimmo, che ha creato il primo bar dell’isola a Cala Croce.

Ad assolvere il paesaggio avaro dell’interno, di angoli di paradiso Lampedusa ne concede generosa sulla costa. Quando arrivando, dall’alto, ti affacci sul turchese irreale, assoluto dell’isola dei Conigli, ti manca il fiato. Pensi: «questa bellezza è di tutti».

due ragazzi abbracciati camminano per la strada di LampedusaMa Lampedusa, come una donna, si avvicina per la avvenenza, e si ama per i suoi segreti.

Il vero volto dell’isola sale dietro un dosso della strada e si staglia contro un pomeriggio giallo. Un ragazzo africano alto e magro, accanto alla fidanzata, scherzano, portando le borse della spesa. Un altro si lascia indietro per non disturbarli. Rispondo con un sorriso, al regalo di quel quadro dal perfetto equilibrio. C’è molta più vita in questo attimo, di quella che incontro abitualmente sul continente.

Il trio sorridente mi scorta per una strada impolverata fino all’altura da cui si scorge il Centro di prima accoglienza. Sembra la fortezza del “Deserto dei Tartari”: chi arriva per restare 48 ore, non sa quando andrà via; magro compenso è girare liberamente sull’isola. Mi viene incontro Deka, 21 anni: «Ho pagato 1.500 dollari dalla Libia e 1.800 dall’Eritrea al Sudan. Nel deserto due persone sono morte, fa troppo caldo adesso, si deve passare solo a dicembre». Accanto a lui, Gabriel, 19 anni, sguardo furbo e idee chiare: «Se resti in Eritrea devi fare il servizio militare a vita. Sono venuto in Italia per studiare chimica, voglio andare in un’Università dove chi ha buoni risultati non paga». Quando gli dico che probabilmente non potrà studiare gratis si stupisce. «Allora farò il cameriere», sorride, convinto di se. Se ci si dimentica che i colori sono magliette fatte indossare da noi europei a giocatori sbagliati del destino, si comprende tutta la violenza insensata di scavare nelle loro ferite in nome di un lasciapassare per il futuro.

A Lampedusa non piace questa identità nata sotto i riflettori della storia, 20 anni fa, quando sono sbarcati i primi richiedenti asilo. La presenza migrante è un conto che non torna con il turismo. Molti non capiscono che è proprio il dono di incontri e racconti a rendere l’isola un luogo speciale, dove sentirsi europei e africani al contempo, dove scoprire quanto sia universale e piena di gioia la ricerca della felicità.

turisti e migranti vicino al mare

Consigli: durante la permanenza sull’isola rifocillatevi con arancini e cannoli al mitico bar dell’Amicizia  in Via Vittorio Emanuele, 60  e passate al bar Royal a bere un ottimo caffè e a lasciarne uno pagato per il progetto “caffè sospeso” ; provate il pesce e i prodotti tipici cucinati con semplicità e gusto dalla Taverna Terranova, in via Terranova 5, presidio slow food e andate un pò prima del tramonto al italo-tunisino Ristorante Mughara, proprio sul lungomare Luigi Rizzo | Al Porto Vecchio di Lampedusa dove potrete gustare un ottimo aperitivo guardando il sole che cade nel mare e il cous cous cucinato ad arte dalla moglie del proprietario tunisina.

Per pernottare cercate la formula B&B, non vi pentirete dell’accoglienza e del calore degli isolani.

Non mancate la gita a Linosa e il centro di salvaguardia delle tartarughe marine del WWF dove la responsabile Daniela Freggi vi spiegherà che “bisognerebbe prendere esempio dalle tartarughe, che girano per i mari tutta la vita. Alcune nate qui le abbiamo trovate in Africa. La natura ci ha creato liberi”.

Come arrivare a Lampedusa: Il modo più semplice di arrivare alle isole è l’aereo. Esistono dei collegamenti via Palermo e un’ottima coincidenza Alitalia da Napoli con scalo a Palermo. Per informazioni: aereoporto di Lampedusa: 0922 97.00.06.

L’isola è collegata giornalmente via mare dalle motonavi della Siremar che partono da Porto Empedocle alla mezzanotte; dopo una sosta a Linosa, si arriva a Lampedusa alle 8.15. La medesima nave parte nuovamente dopo due ore da Lampedusa e giunge a Porto Empedocle alle 18.15. Durante tutto l’anno Genova, Livorno e Napoli sono regolarmente collegate con Palermo, da dove è agevole raggiungere in auto Porto Empedocle. Per informazioni: compagnia di navigazione Siremar: Lampedusa: 0922 97.00.03; Porto Empedocle: 0922 63.66.83.

giovane ragazzo si raccontadue ragazzi abbracciati camminano per la strada di Lampedusadonne rientrano nel CPT